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Pietro Renato Melli

Pietro Renato Melli

PIETRO RENATO MELLI (1891-1977)

di Sara Baretta

FOTO 1- Impianto del fascicolo su Pietro Renato Melli, A.s.Fe, Questura, categoria A8, Ebrei, busta 4, fascicolo 9

Pietro Renato Melli nasce a Ferrara il primo di novembre del 1891, figlio di Ugo ed Elda Ascoli.
In giovane età sposa Alesia (o Alessia, in alcuni documenti) Stomarchi, una ragazza di religione cattolica sua coetanea, originaria di Denore, una piccola frazione del contado ferrarese; durante il biennio 1917-1918 Pietro combatte nella prima guerra mondiale. La coppia ha tre figli: Ugo Pacifico, Bruna e Vittoria, tutti battezzati.
Nel 1939, anno del censimento degli ebrei residenti in città1, il figlio Ugo Pacifico, nato nel 1919, risultava essere studente di ingegneria presso il Politecnico di Milano, le due figlie femmine, Bruna e Vittoria, 2avevano allora rispettivamente 29 e 23 anni ed entrambe erano sposate ad uomini definiti ‘ariani’.
A tale data il nucleo famigliare risiedeva in via Cammello 4, ed era composto dai genitori e da Ugo Pacifico, in quanto le figlie femmine erano sposate, e si erano allontanante dalla famiglia di origine.
Melli era proprietario di un negozio di materiali elettrici, ubicato in via Mazzini, arteria principale dell’ ex ghetto ebraico cittadino3.
La vigilanza su Pietro4 comincia nel 1939, (FOTO 1) segno che politicamente non aveva mai dato luogo a precedenti riscontri e segnalazioni, ed aveva probabilmente sempre adottato atteggiamenti moderati. La denuncia è fatta risalire, come vedremo in seguito, più che altro a motivi di ‘invidie economiche e commerciali’, ed al tentativo di confisca del suo negozio di generi elettrici, commercio florido che nel 1939 contava ben dieci dipendenti.
Egli viene così a far parte delle costituende liste dei residenti di razza ebraica, che serviranno fino all’8 settembre del ’43 per la sorveglianza attiva e per l’ eventuale reclusione nei campi di internamento italiani, e più tardi per l’ invio in quelli di sterminio tedeschi. (FOTO 2)

Foto 2 – Resoconto delle informazione assunte su Pietro Renato Melli da parte del Brigadiere Luigi Gusmano, A.s.Fe, Questura, categoria A8, Ebrei, busta 4, fascicolo 9


Nel marzo del ’39 Pietro Renato tenta la difficile via della discriminazione5, presentando istanza alla prefettura, che verrà tuttavia respinta; in una nota, basata sui rendiconti di qualche solito e ben noto informatore, si legge che: “da informazioni assunte (…) è risultato che il medesimo pur risultando iscritto al p.n.f. dal 28/10/1932, non risulta essere di vera fede fascista, egli è un acido mormoratore e non gode simpatia nei confronti del governo attuale (…) Gestisce un negozio di materiali elettrici in via Mazzini e le di lui condizioni sono floride. (…) I componenti la di lui famiglia risultano di regolare condotta (…) La moglie non risulta iscritta al fascio femminile mentre il figlio risulta iscritto al fascio giovanile dal 27/07/1937” 6. La domanda di discriminazione non verrà accolta.
Il 29 marzo del 1939, a rogito del Notaio Rivani, egli aveva donato la ditta di rivendita di materiale elettrico alla moglie Alesia, in qualità di cattolica ‘ariana’, per mettere in salvo l’ attività da ogni eventuale confisca conseguente alle leggi razziali. Una missiva dei soliti ben informati, datata 12 maggio 1940 (quindi qualche giorno prima dello scoppio della seconda guerra mondiale) denuncia il Melli, (anche se formalmente non è più proprietario di nessuna attività, ormai intestata alla moglie), precisando che: “ha accaparrato un’ingente quantità di merce di ogni genere, anche estranea al suo commercio (impianti di riscaldamento, tubazioni in genere, ottoni speciali etc…). Tale materiale è segretamente custodito in un magazzino sempre chiuso, non facile a trovarsi, (la precedente frase è sottolineata con matita verde, due punti esclamativi ed un punto di domanda) nello stabile di via Mazzini” 7. (FOTO 3)
Il sopralluogo viene eseguito già il 16 maggio, sotto l’ impulso del preteso accaparramento, giunto persino alle orecchie dei servizi segreti della polizia politica, l’ O.V.R.A. (Opera Vigilanza Repressione Antifascismo) di Bologna. Tutto ciò che viene rinvenuto, dopo avere eseguito un sopralluogo accurato, che comprendeva anche cantine limitrofe intestate ad altre proprietà, risultava essere “un mucchio di rottami di ferro che risulta regolarmente denunziato all’ apposito comitato di raccolta, che ne ha già disposto il prelevamento” 8.

Il 12 luglio 1940 viene di nuovo denunciato con l’ accusa di accaparramento di materiale, (la guerra era già cominciata da poco più di un mese) ed anche per il fatto di avere intestato alla moglie l’ attività commerciale. 

La nuova accusa riguarda materiale per la costruzione di lampadine elettriche per le biciclette (Ferrara è la città delle biciclette, sarà per questo che la cosa assume tale rilievo), e per questo motivo fu bastonato da una squadra di fascisti. E’ in quest’ occasione che se ne chiede esplicitamente l’allontanamento. Egli viene descritto come “elemento particolarmente infido, capace di divulgare notizie false (…) e di deprimere lo spirito pubblico (…) si propone che il predetto ebreo venga internato in un comune di altra lontana provincia” 9.

La sua sorte è così segnata, infatti già il 17 luglio il Ministero dell’ Interno disponeva la reclusione nel campo di Urbisaglia. (FOTO 4) Lunedì 23 la disposizione giunge in Questura a Ferrara, e la sera stessa Pietro Renato viene arrestato presso la propria abitazione, alle ore 21. Il verbale di fermo per indagini di polizia politica porta la firma del vicebrigadiere Luigi Gusmano 10, e di Fabbri Bruno guardia di P.S.

Il 25 luglio 1940 giunge ad Urbisaglia, durante la sua permanenza, in quanto benestante, non avrà corrisposta nessuna diaria.

Il 19 agosto il Melli chiede una prima volta la revoca del provvedimento di internamento, che non verrà accolta.

La moglie Alesia ed i figli Ugo e Vittoria saranno autorizzati a visitare il congiunto, a partire dal 26 agosto,  con una permanenza di cadenza mensile della durata di un giorno, “allo scopo di conferire per motivi commerciali” 11. Il 14 settembre è la volta della sorella, Maria Melli in Foà, ad essere autorizzata con un permesso una tantum di due giorni per recarsi a far visita al fratello, dove giungerà il 20 settembre. 

Alesia invia successivamente numerose missive tendenti a chiedere la revoca del provvedimento, fornendo un elenco di eminenti personalità ferraresi pronte a ‘fornire notizie sulla condotta politica e morale’: Tra i tanti nomi di personaggi noti ed influenti colpiscono nomi di eminenti ecclesiasti cattolici e del prefetto Franceso Palici Di Suni, ovvero colui che aveva curato e predisposto le operazioni per la revisione del censimento degli ebrei in applicazione delle leggi razziali 12. Agli atti non vi è nessuna risultanza che le personalità nominate siano mai state contattate per fornire informazioni.

L’ 8 novembre Alesia inoltra nuova richiesta di revoca del provvedimento, chiedendo che Il marito venga sottoposto a visita medica per accertare se le sue condizioni fisiche fossero compatibili con il regime di internamento, l’esito della visita, del 26 novembre, stabilirà che egli è affetto da ernia e deve essere operato, e solo in seguito si potrà stabilire se le sue condizioni risultino o no compatibile con il regime di internamento. Il 12 dicembre si autorizza “a far sottoporre il nominato in oggetto in un istituto adatto di codesta provincia, a spese dell’ ente che v’è tenuto per legge, all’ operazione ed alle spese di cui abbisogna”, 13 Pietro decide però di soprassedere, riservandosi di farsi operare a proprie spese da chirurgo di propria fiducia. 

Purtroppo gli eventi prendono uno piega inaspettata e tragica, il figlio Ugo, poco più che ventenne, viene ricoverato il 13 dicembre presso l’Ospedale Sant’ Anna di Ferrara, (FOTO 5) dove è sottoposto ad operazione urgente per sospetta peritonite; il post operatorio è dei peggiori: il ragazzo ha febbre altissima, e deperisce giorno per giorno; il 31 dicembre viene infine sottoposto a radiografia polmonare e l’ esito non dà scampo: tubercolosi miliare. Il 15 gennaio 1941, alle ore 13, per sopraggiunte complicanze polmonari, Ugo muore. 

I funerali di rito cattolico si svolgono il 16 gennaio, in un mesto e freddo giorno di inverno padano. Un’ agente di P.s. è inviato per controllare “Pregiomi riferire che al funerale hanno partecipato sessanta persone circa, dei quali cinquanta di razza ariana, la maggior parte studenti universitari, e circa dieci ebrei, fra i quali i genitori (…) le corone sono state inviate da: i genitori, i parenti, le sorelle, famiglia Foà,i colleghi universitari, le zie. Il funerale si è svolto in forma semplice e senza incidenti di sorta” 14

Già il primo di gennaio 1941 il negozio di rivendita di materiale elettrico era stato chiuso. La licenza che Pietro Renato ha chiesto per assistere il figlio malato, ed in seguito alla sua morte, per assistere la moglie devastata dal dolore, viene prorogata di volta in volta, fino a che il 27 gennaio 1941 diviene a tempo indeterminato. 

L’ umana pietà prevale, e la revoca definitiva del provvedimento avviene il 14 marzo 1941, ma rimarrà tuttavia sottoposto a regime di vigilanza. (FOTO 6)

Foto 6 – Comunicazione revoca internamento, A.s.Fe, Questura, categoria A8, Ebrei, busta 4, fascicolo 9

Il 20  maggio 1941 Pietro Melli si trasferisce a Bologna, in via Albertazzi 19, con la moglie ed una domestica. La zona dove va a risiedere è di recente edificazione, composta di villini liberty e piccole palazzine, lontana dal ghetto ebraico bolognese. (FOTO 7)

In una nota del 10 giugno si legge che:” E’ benestante, ritiensi siasi trasferita costà per i recenti lutti che hanno colpito la sua famiglia e che hanno prostrato la moglie, a cui è stato consigliato di cambiare città” 15

Il trasferimento nella vicina Bologna è una fuga comune anche ad altri cittadini ebraici ferraresi, soprattutto coloro che hanno un’attività in proprio, (nel caso degli internati nel campo di Urbisaglia, stessa cammino percorrono anche i fratelli gemelli Primo Ugo e Secondo Lino Hanau, e Giacomo Trevi). 

E’ un allontanamento dettato non solo dalle maggiori possibilità che una città più grande e più vitale dal punto di vista economico può offrire, ma soprattutto dal tentativo di sottrarsi agli attacchi violenti e ripetuti alla propria persona, alla famiglia, alle attività ed ai beni materiali posseduti, perpetrati direttamente dai rappresentanti delle istituzioni cittadine, che fin dall’ avvento del fascismo tanta parte hanno avuto nell’ ascesa dello stesso a livello nazionale,  unita alla maggiore capillarità del controllo sociale possibile in una città di limitate dimensioni, spaccatasi tra fascisti ed antifascisti sin dagli albori del ventennio.

Anche a Bologna Pietro rimane sorvegliato, e viene costantemente sottoposto a controlli di polizia, da essi risulta che “come vociferatore era stato internato nel campo di concentramento di Urbisaglia ed è stato liberato nel marzo decorso, per sopraggiunti lutti famigliari, che si ritengono possano avere depresso il suo spirito facendolo rinunziare al suo comportamento ambiguo” 16

In città trasferisce anche il negozio di materiale elettrico intestato alla moglie, che troverà sede in via San Vitale 15, nelle immediate vicinanze del ghetto bolognese. 17

Nel giugno 1944 risulta che l’ appartamento di via Albertazzi 19 era stato ceduto in subaffitto, segno che la famiglia non si sentiva più sicura, ed anche quel poco di sicurezza in più che derivava dall’ avere una moglie ‘ariana pura’ ed i figli battezzati non era ritenuta più sufficiente. Aveva quindi probabilmente abbandonato la città, andandosi a rifugiare altrove. Dove non è conosciuto, ma appare plausibile che si fosse spostato verso il centro Italia, dove la guerra era in procinto di finire, o forse nascosto in casa di qualche anonimo benefattore nelle vicinanze, oppure rifugiato in Svizzera. Si tratta solo di una speculazione personale, generata per analogia con altre storie, altre vite. Qualunque scelta abbia fatto sarebbe sopravvissuto.

Nell’ ottobre del ‘44 il negozio di via San Vitale temporaneamente abbandonato, viene “scassinato (…) da militari germanici, i quali, in più riprese, asportarono il materiale elettrico che vi si trovava. La signorina Lamina Giuditta 18 residente pure in via San Vitale 15, consegnataria delle chiavi del magazzino stesso, intervenne presso il comandante della spedizione ed ottenne ricevuta di quanto fu prelevato la prima volta” (con un certo coraggio, aggiungo io).

I vicini confermano di avere visto asportare varie cose, rotoli e pacchi (…) Non si è potuto accertare ove fu trasportato tale materiale. Si suppone che il primo prelevamento sia stato effettuato d’ ordine di un comando germanico, mentre i successivi siano avvenuti ad iniziativa di qualche ufficiale tedesco per proprio conto. Quest’ ultima ipotesi viene avvalorata dal fatto che i soldati durante le operazioni di scarico regalavano lampadine ai curiosi che si fermavano ad osservare” 19

Le indagini compiute nel dopoguerra, su richiesta dello stesso Melli nel tentativo di rintracciare la refurtiva, avevano ovviamente dato esito negativo. (FOTO 8)

La guerra ormai è finita, la vita riprende, e come la maggior parte di coloro che avevano subito internamenti nei campi italiani prima del ‘43 era sopravvissuto, con i sensi messi in allerta, pronto alla fuga, perché già in anticipo avevano intuito che l’inimmaginabile sarebbe successo. 

Godrà di una lunga vita ancora e morirà all’ età di 86 anni, il 24 luglio 1977. E’ sepolto nel cimitero israelitico di Ferrara, sua città d’ origine.

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Note

  1. La prima misura attuata contro gli ebrei italiani fu il censimento degli ebrei effettuato a partire dal 22 agosto 1938 allo scopo di contare e schedare gli ebrei che si trovavano in Italia, come presupposto per l’emanazione di una speciale normativa. Sulla base dei risultati del censimento e della classificazione enunciata nel Manifesto, gli ebrei passibili di persecuzione in Italia erano circa 51100, di cui 46656 persone di religione o identità ebraica e, proprio a seguito del criterio razzistico-biologico, circa 4500 non ebrei (la persecuzione antiebraica quindi non riguardò solo gli israeliti). Di tutti questi, circa 41300 erano cittadini italiani e circa 9800 erano stranieri, ma a quasi 1400 dei primi le nuove leggi revocarono la cittadinanza concessa dopo il 1918
  2. Ugo Pacifico è nato il 22/08/1919, di Bruna si conosce solo l’ età che aveva nel 1939, ovvero 29 anni. Vittoria, (o Vittorina in alcuni documenti) è nata il 07/11/1917, coniugata con Edoardo Bissi , di professione casalinga. Fonte: A.s.Fe, Questura, categoria A8, Ebrei, busta 4, fascicolo 9
  3. La presenza ebraica a Ferrara si attesta fin dal 1100. Dapprima fu un minuscolo stanziamento in via Centoversuri, poi nella Giudecca nei pressi delle antiche mura medievali – da cui l’attuale via Giovecca. Nel 1492 gli ebrei sefarditi provenienti dalla Spagna in seguito alla cacciata di Isabella la Cattolica furono accolti dal Ercole d’ Este, il quale il 20 novembre 1492 così scriveva: “Noi siamo molto contenti che vengano ad abitare qua con le loro famiglie… perché sempre saranno benvisti e trattati in tutte le cose che potremo e ogni die più se ne conteranno di essere venuti a Casa nostra.” Per più di un secolo gli ebrei vissero in pace, e la scelta di collocarsi in determinate aree fu una volontaria scelta di contiguità, non dettata da costrizione alcuna, almeno non fino alla costituzione del ghetto, per volontà papale. Il ghetto di Ferrara fu istituito con editto del Cardinale Cennini datato 23 agosto 1624, con un certo ritardo rispetto alle altre città che facevano già da tempo parte dello Stato della Chiesa (Ferrara fu infatti devoluta allo Stato Pontificio solo nel 1598 e fino a quella data nessuna misura di contenimento forzato, come visto precedentemente, era stata messa in atto). Il ghetto sorse in una delle zone più antiche della città, dove la presenza ebraica era già cospicua, a poca distanza dalla cattedrale, ed era chiuso da cinque cancelli. A quella data, si registravano circa 1500 cittadini ebraici. Le porte del ghetto furono brevemente riaperte con l’occupazione francese nel 1796, ma si richiusero già nel 1826, a restaurazione avvenuta, anche se con regole meno rigide, fino all’unità d’Italia del 1861. Dopo il 1938, con l’entrata in vigore delle leggi razziali fasciste, la situazione degli ebrei in tutta Italia mutò in modo radicale. Tuttavia a Ferrara, continuarono ad arrivare ebrei anche da altre province pensando di trovare un ambiente più sicuro (grazie alla presenza di Italo Balbo, amico di Renzo Ravenna, che fu uno dei due soli sindaci ebrei italiani, il quale tuttavia si dovette dimettere nel 1938 in seguito alle leggi razziali) ma il ghetto, di fatto, ritornò in funzione
  4. A.s.Fe, Questura, categoria A8, Ebrei, busta 4, fascicolo 9
  5. Discriminazione ai sensi dell’ art. 14 del R.D.L. 17/11/1938, XVII, n° 1728, Art. 14. “Il Ministro per l’interno, sulla documentata istanza degli interessati, può, caso per caso, dichiarare non applicabili le disposizioni dell’art 10, nonché dell’art. 13, lett. h):

    a) ai componenti le famiglie dei caduti nelle guerre libica, mondiale, etiopica e spagnola e dei caduti per la causa fascista;

    b) a coloro che si trovino in una delle seguenti condizioni:1.mutilati, invalidi, feriti, volontari di guerra o decorati al valore nelle guerre libica, mondiale, etiopica e spagnola;2. combattenti nelle guerre libica, mondiale, etiopica, spagnola che abbiano conseguito almeno la croce al merito di guerra;3.mutilati, invalidi, feriti della causa fascista;4. iscritti al Partito Nazionale Fascista negli anni 1919-20-21-22 e nel secondo semestre del 1924;5. legionari fiumani;6.abbiano acquisito eccezionali benemerenze, da valutarsi a termini dell’art.16.

    Nei casi preveduti alla lett. b), il beneficio può essere esteso ai componenti la famiglia delle persone ivi elencate, anche se queste siano premorte. Gli interessati possono richiedere l’annotazione del provvedimento del Ministro per l’interno nei registri di stato civile e di popolazione. Il provvedimento del Ministro per l’interno non è soggetto ad alcun gravame, sia in via amministrativa, sia in via giurisdizionale”. Con le norme approvate, agli ebrei viene concessa la facoltà di richiedere la “discriminazione”. Con questo termine si indica una misura che introduce una differenziazione tra gli ebrei stessi: a chi ha meriti particolari vengono riconosciuti trattamenti di favore, piccoli vantaggi, una attenuazione nella applicazione dei provvedimenti. Alcuni vantaggi consistono, ad esempio, nella possibilità di conservare la radio, di continuare ad avere una domestica ariana in casa, o di potersi recare in villeggiatura anche in strutture alberghiere; in questo caso è però obbligatorio mostrare il tesserino recante la condizione di discriminato rilasciato dalle autorità fasciste. Su tutti i documenti è, comunque, apposto il timbro di “appartenente alla razza ebraica”.

  6. A.s.Fe, Questura, categoria A8, Ebrei, busta 4, fascicolo 9
  7.  Ibidem
  8.  Ibidem
  9.  Ibidem
  10. Luigi Gusmano, incarcerato dopo la liberazione per reati politici, verrà assassinato l’ 8 giugno del 1945, in quello che è definito l’eccidio delle carceri di Piangipane, durante il quale 17 prigionieri politici aderenti al fascismo  furono uccisi a raffiche di mitra.
  11. A.s.Fe, Questura, categoria A8, Ebrei, busta 4, fascicolo 9
  12.  I nominativi sono: Mons. Ruggero Bovelli arcivescovo di Ferrara-il federale console Olao Gaggioli-sansepolcrista-il prefetto della provincia marchese Franceso Palici Di Suni, Il presidente del tribunale di Ferrara-Il podestà-consigliere nazionale Avv. Alberto Verdi-il procuratore del Re presso il tribunale di Ferrara-Mons Valeriani Giovanni parroco di S. Francesca Romana in Ferrara. A.s.Fe, Questura, categoria A8, Ebrei, busta 4, fascicolo 9
  13.  Ibidem
  14.  Ibidem
  15.  A.S.Bo,  Questura di Bologna, Gabinetto Persone pericolose per la sicurezza dello Stato, sottoserie “radiati”, busta 103, Melli Pietro Renato (1940 dic. 20 – 1945 ago. 11)
  16.  Ibidem
  17.  Il ghetto di Bologna era l’area urbana della città di Bologna destinata a contenere la comunità ebraica che in essa risiedeva, secondo quanto stabilito dalla bolla Cum nimis absurdum emanata il 14 luglio 1555 da papa Paolo IV. L’editto papale regolava in generale la presenza ebraica nei domini temporali dello Stato Pontificio. La comunità ebraica fu allontanata la prima volta nel 1569, poté rientrare nel 1586 e si disperse a seguito dell’espulsione del 1593 per ricostituirsi lentamente solo in età napoleonica. Solo all’unità d’Italia gli ebrei bolognesi poterono emanciparsi completamente vedendosi riconosciuti come normali cittadini italiani.
  18. Lamina Giuditta aveva allora trentotto anni, figlia di padre ignoto e di Lamina Germana, vedova- A.S.Bo,  Questura di Bologna, Gabinetto Persone pericolose per la sicurezza dello Stato, sottoserie “radiati”, busta 103, Melli Pietro Renato (1940 dic. 20 – 1945 ago. 11)
  19.  Ibidem